Direttiva 93/104/CE 23 novembre 1993

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Ultimo aggiornamento 04/07/2019

Il Consiglio dell’Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 118A,

vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che l’articolo 118A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere in particolare il miglioramento dell’ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori;

considerando che, a norma dell’articolo precitato, le direttive in questione evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; 

considerando che le disposizioni della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, sono pienamente applicabili ai settori contemplati dalla presente direttiva, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella medesima;

considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989 dai capi di Stato o di Governo di undici Stati membri, in particolare al punto 7, primo comma, al punto 8 ed al punto 19, primo comma, statuisce:

“7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni, che costituisca un progresso soprattutto per quanto riguarda la durata e l’organizzazione dell’orario di lavoro e le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale”.

“8. Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali”.

“19. Ogni lavoratore deve beneficiare nell’ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza soddisfacenti. Devono essere adottati provvedimenti adeguati al fine di progredire nell’armonizzazione delle condizioni esistenti in tale campo” 

considerando che il miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico;

considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell’ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno;

considerando che l’adozione di prescrizioni minime relative all’organizzazione dell’orario di lavoro può migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori nella Comunità;

considerando che, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori della Comunità, questi ultimi devono beneficiare di periodi minimi di riposo – giornaliero, settimanale e annuale – e di adeguati periodi di pausa; che è quindi opportuno prevedere anche un limite massimo per la durata settimanale del lavoro;

considerando che conviene tener conto dei princìpi dell’organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, compresi quelli relativi al lavoro notturno;

considerando che, per quanto concerne il periodo di riposo settimanale, è opportuno tenere debitamente conto della diversità dei fattori culturali, etnici, religiosi ed altri negli Stati membri; che, in particolare, spetta ad ogni Stato membro decidere se ed in quale misura la domenica deve essere compresa nel riposo settimanale;

considerando che alcuni studi hanno dimostrato che l’organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell’ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro;

considerando che occorre limitare la durata del lavoro notturno, comprese le ore straordinarie, e prevedere che il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta;

considerando che è importante che i lavoratori notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato di salute, prima della loro assegnazione, e in seguito a intervalli regolari, e che i lavoratori notturni che hanno problemi di salute siano trasferiti, quando possibile, ad un lavoro diurno per cui siano idonei;

considerando che la situazione dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni esige che essi beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del lavoro e che i servizi e mezzi di protezione e prevenzione siano organizzati e funzionino efficacemente;

considerando che le modalità di lavoro possono avere ripercussioni negative sulla sicurezza e la salute dei lavoratori; che l’organizzazione del lavoro secondo un certo ritmo deve tener conto del principio generale dell’adeguamento del lavoro all’essere umano;

considerando che a motivo della specificità del lavoro può essere necessario prendere misure specifiche per quanto riguarda l’organizzazione dell’orario di lavoro in taluni settori o attività esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva;

considerando che, in funzione dei problemi che possono essere sollevati dall’organizzazione dell’orario di lavoro nell’impresa, pare opportuno prevedere una certa flessibilità nell’applicazione di determinate disposizioni della presente direttiva, garantendo nel contempo il rispetto dei princìpi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori;

considerando che occorre prevedere che talune disposizioni della presente direttiva possano formare oggetto di deroghe operate, a seconda dei casi, dagli Stati membri o dalle parti sociali; che, di norma, in caso di deroga devono essere concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo,

 

ha adottato la presente direttiva:

 

Sezione I. Campo d’applicazione e definizioni

Articolo 1. Oggetto e campo di applicazione.

1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2. La presente direttiva si applica:

a) ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e

b) a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

3. La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE, fermi restando gli articoli 14 e 17 della presente direttiva.

Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 8, la presente direttiva non si applica alla gente di mare, quale definita nella direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (1) .

4. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva.

Articolo 2. Definizioni.

Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) orario di lavoro:

qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2) periodo di riposo:

qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;

3) periodo notturno:

qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l’intervallo fra le ore 24 e le ore 5; 

4) lavoratore notturno:

a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale; e

b) qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dello Stato membro interessato:

I) dalla legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o

II) da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali a livello nazionale o regionale;

 

5) lavoro a turni:

 

qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane;

 

6) lavoratore a turni:

 

qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni.

 

7) “lavoratore mobile”: qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso un’impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile (2) ;

 

8) “lavoro offshore”: l’attività svolta prevalentemente su un’installazione offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa, direttamente o indirettamente legata all’esplorazione, all’estrazione o allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le attività d’immersione collegate a tali attività, effettuate sia a partire da un’installazione offshore che da una nave (3) ;

 

9) “riposo adeguato”: il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano l’organizzazione del lavoro, causino lesioni a sé stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine (4) .

 

 

Sezione II. Periodi minimi di riposo – altri aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro

 

Articolo 3. Riposo giornaliero.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive.

 

 

Articolo 4. Pausa.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, qualora l’orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, di una pausa le cui modalità e, in particolare, la cui durata e condizioni di concessione sono fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale.

 

 

Articolo 5. Riposo settimanale.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3.

 

[Il periodo minimo di riposo di cui al primo comma comprende in linea di principio la domenica.] (5) .

 

Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore.

 

 

Articolo Articolo 6. Durata massima settimanale del lavoro.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

 

1) la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;

 

2) la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

 

 

Articolo 7. Ferie annuali.

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

 

2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.

 

Sezione III. Lavoro notturno – lavoro a turni – ritmo di lavoro

 

Articolo 8. Durata del lavoro notturno.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

 

1) l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore;

 

2) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

 

Ai fini del presente punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno.

 

 

Articolo 8. Durata del lavoro notturno.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

 

1) l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore;

 

2) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

 

Ai fini del presente punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno.

 

 

Articolo 9. Valutazione della salute e trasferimento al lavoro diurno dei lavoratori notturni.

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

 

a) i lavoratori notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato di salute, prima della loro assegnazione e, in seguito, ad intervalli regolari;

 

b) i lavoratori notturni che hanno problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la loro prestazione di lavoro notturno vengano trasferiti, quando possibile, ad un lavoro diurno per cui essi siano idonei.

 

2. Nella valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a), deve essere rispettato il segreto medico.

 

3. La valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a), può rientrare in un sistema sanitario nazionale.

 

 

Articolo 10. Garanzie per lavoro in periodo notturno.

Gli Stati membri possono subordinare il lavoro di talune categorie di lavoratori notturni a determinate garanzie, a condizioni fissate dalle legislazioni e/o prassi nazionali, per lavoratori esposti a un rischio di sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno.

 

 

Articolo 11. Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta.

 

 

Articolo 12. Protezione in materia di sicurezza e di salute.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

 

1) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro;

 

2) i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento.

 

 

Articolo 13. Ritmo di lavoro.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che prevede di organizzare il lavoro secondo un certo ritmo tenga conto del principio generale dell’adeguamento del lavoro all’essere umano, segnatamente per attenuare il lavoro monotono e il lavoro ripetitivo, a seconda del tipo di attività e delle esigenze in materia di sicurezza e di salute, in particolare per quanto riguarda le pause durante l’orario di lavoro.

 

Sezione IV. Disposizioni varie

 

Articolo 14. Disposizioni comunitarie più specifiche (6) .

La presente direttiva non si applica laddove altri strumenti comunitari contengano prescrizioni più specifiche in materia di organizzazione dell’orario di lavoro per determinate occupazioni o attività professionali.

 

 

Articolo 15. Disposizioni più favorevoli.

La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.

 

 

Articolo 16. Periodi di riferimento.

Gli Stati membri possono prevedere:

 

1) per l’applicazione dell’articolo 5 (riposo settimanale), un periodo di riferimento non superiore a 14 giorni;

 

2) per l’applicazione dell’articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

 

I periodi di ferie annue, concesse a norma dell’articolo 7, ed i periodi di assenza per malattia non vengono presi in considerazione o sono neutri ai fini del computo della media;

 

3) per l’applicazione dell’articolo 8 (durata del lavoro notturno), un periodo di riferimento definito previa consultazione delle parti sociali o mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale o regionale fra le parti sociali.

 

Il periodo minimo di riposo settimanale di 24 ore prescritto a norma dell’articolo 5 non viene preso in considerazione per il computo della media se cade nel periodo di riferimento in questione.

 

 

Articolo 17. Deroghe.

1. Nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

 

a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

 

b) di manodopera familiare; o

 

c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle Comunità religiose.

 

2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

 

2.1. (7) Agli articoli 3, 4, 5, 8 e16:

 

a) per le attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;

 

b) per le attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

 

c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

 

i) di servizi relativi all’accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;

 

ii) del personale portuale o aeroportuale;

 

iii) di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;

 

iv) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell’acqua e dell’elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;

 

v) di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;

 

vi) di attività di ricerca e sviluppo;

 

vii) dell’agricoltura;

 

viii) di lavoratori operanti nel settore del trasporto di passeggeri nell’ambito di servizi regolari di trasporto urbano;

 

d) in caso di sovraccarico prevedibile di attività e, in particolare:

 

i) nell’agricoltura;

 

ii) nel turismo;

 

iii) nei servizi postali;

 

e) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari;

 

i) per le attività discontinue;

 

ii) per il servizio prestato a bordo dei treni;

 

iii) per le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario e che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario (9);

 

2.2. Agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:

 

a) nei casi previsti dall’articolo 5, paragrafo 4 della direttiva 89/391/CEE;

 

b) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente;

 

2.3. Agli articoli 3 e 5:

 

a) per le attività di lavoro a turni, ogni volta che il lavoratore cambia squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero e/o settimanale;

 

b) per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizia.

 

2.4. (8) Agli articoli 6 e 16, paragrafo 2, nel caso dei medici in formazione:

 

a) all’articolo 6, per un periodo transitorio di cinque anni a decorrere dal 1° agosto 2004. Nell’ambito di questa deroga:

 

i) gli Stati membri dispongono, se necessario, di altri due anni al massimo per ovviare alle difficoltà nel rispettare le prescrizioni in materia di lavoro nell’ambito delle loro responsabilità di organizzare e fornire servizi sanitari e cure mediche. Almeno 6 mesi prima della scadenza del periodo transitorio, lo Stato membro interessato informa in modo motivato la Commissione, di tal ché questa possa, entro tre mesi dalla ricezione dell’informazione, esprimere un parere, previe opportune consultazioni. Lo Stato membro che non segua il parere della Commissione motiva la propria decisione. La comunicazione e le motivazioni dello Stato membro e il parere della Commissione sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e trasmessi al Parlamento europeo.

 

ii) Gli Stati membri dispongono, se necessario, di un ulteriore periodo di un anno al massimo per ovviare a speciali difficoltà incontrate nell’ambito delle responsabilità di cui sopra. Essi seguono il procedimento di cui al punto i). Nel contesto del periodo transitorio:

 

iii) gli Stati membri provvedono affinché in nessun caso il numero di ore di lavoro settimanali superi una media di 58 ore durante i primi tre anni del periodo transitorio, una media di 56 ore per i due anni successivi e una media di 52 ore per l’eventuale periodo restante;

 

iv) il datore di lavoro consulta i rappresentanti dei lavoratori in tempo utile allo scopo di giungere ad un accordo, se possibile, sulle soluzioni da applicare al periodo transitorio. Nei limiti di cui al punto iii), tale accordo può prevedere:

 

– il numero medio di ore di lavoro settimanali durante il periodo transitorio e

 

– le misure da adottare per ridurre il numero delle ore di lavoro settimanali a una media di 48 ore entro la fine del periodo transitorio;

 

b) all’articolo 16, paragrafo 2, purché il periodo di riferimento non superi 12 mesi, durante la prima parte del periodo transitorio di cui alla lettera a), punto iii) e, successivamente, 6 mesi (10).

 

3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

 

Gli Stati membri in cui, giuridicamente, non esiste un sistema che garantisca la conclusione di contratti collettivi o di accordi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale, per i settori contemplati dalla presente direttiva, o gli Stati membri in cui esiste un quadro legislativo specifico a tal fine, e nei limiti di tale quadro, possono, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, consentire deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello collettivo adeguato.

 

Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

 

Gli Stati membri possono prevedere norme:

 

– affinché il presente paragrafo sia applicato dalle parti sociali, e

 

– affinché le disposizioni dei contratti collettivi o accordi conclusi in conformità del presente paragrafo siano estese ad altri lavoratori, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.

 

4. La facoltà di derogare all’articolo 16, punto 2, prevista al paragrafo 2, punti 2.1 e 2.2 e al paragrafo 3 del presente articolo non può avere come conseguenza la fissazione di un periodo di riferimento superiore a sei mesi.

 

Tuttavia gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che, per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, i contratti collettivi o gli accordi conclusi tra le parti sociali fissino periodi di riferimento che non superino in alcun caso i dodici mesi.

 

Prima della scadenza di un periodo di 7 anni a decorrere dalla data di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), il Consiglio, in base ad una proposta della Commissione corredata di una relazione di valutazione, riesamina le disposizioni del presente paragrafo e decide in merito ai loro sviluppi.

 

 

Articolo 17 bis. Lavoratori mobili e attività offshore (9)

1. Gli articoli 3, 4, 5, 6 e 8 non si applicano ai lavoratori a bordo di navi da pesca marittima battenti bandiera di uno Stato membro.

 

2. Gli Stati membri adottano tuttavia le misure necessarie per garantire che ogni lavoratore che presta servizio a bordo di una nave da pesca marittima battente bandiera di uno Stato membro abbia il diritto ad un adeguato riposo e per limitare a 48 il numero delle ore di lavoro settimanale medie calcolate su un periodo di riferimento non superiore a 12 mesi.

 

3. Entro i limiti fissati dai paragrafi 2, 4 e 5, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, tenuto conto dell’esigenza di proteggere la sicurezza e la salute dei suddetti lavoratori:

 

a) l’orario di lavoro sia limitato a un numero massimo di ore da non superare in un determinato periodo di tempo, o

 

b) sia assicurato un numero minimo di ore di riposo in un determinato periodo di tempo.

 

Il numero massimo di ore lavorative o il numero minimo di ore di riposo è fissato mediante disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o dai contratti collettivi o accordi tra le parti sociali.

 

4. I limiti delle ore lavorative o delle ore di riposo sono i seguenti:

 

a) il numero massimo delle ore di lavoro non deve essere superiore

 

i) a 14 ore per ogni periodo di 24 ore e

 

ii) a 72 ore per ogni periodo di sette giorni;

 

oppure

 

b) il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore

 

i) a 10 ore per ogni periodo di 24 ore e

 

ii) a 77 ore per ogni periodo di sette giorni.

 

5. Le ore di riposo possono essere suddivise al massimo in due periodi, uno dei quali deve durare almeno sei ore. L’intervallo tra due periodi successivi di riposo non può superare 14 ore.

 

6. Secondo i principi generali di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, e per ragioni oggettive o tecniche o riguardanti l’organizzazione del lavoro, gli Stati membri possono autorizzare deroghe, ai limiti stabiliti nei paragrafi 2, 4 e 5 tra cui la fissazione dei periodi di riferimento. Tali deroghe devono seguire, per quanto possibile, gli standard fissati, ma possono tener conto di periodi di ferie più frequenti o più lunghi o della concessione di ferie compensative ai lavoratori. Tali deroghe possono essere stabilite da:

 

i) disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, previa consultazione, ove possibile, dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, e previo tentativo di incoraggiare il dialogo sociale in tutte le forme idonee; o

 

ii) contratti collettivi o accordi tra le parti sociali.

 

7. Il comandante di una nave da pesca marittima ha il diritto di imporre al personale di bordo di svolgere le ore di lavoro necessarie per salvaguardare la sicurezza immediata della nave, del carico o delle persone imbarcate, oppure per soccorrere navi o persone in pericolo in mare.

 

8. Gli Stati membri possono prevedere che i lavoratori a bordo di navi da pesca marittima che, in base alla legislazione o alla prassi nazionali, non sono autorizzati a esercitare la loro attività per un periodo specifico di durata superiore a un mese nel corso dell’anno civile, fruiscano delle ferie annuali a norma dell’articolo 7 entro detto periodo.

 

 

Articolo 18. Disposizioni finali.

1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva.

 

b) I) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l’articolo 6, nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale scopo, che:

 

– nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all’articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore all’esecuzione di tale lavoro;

 

– nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad accettare di effettuare tale lavoro;

 

– il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro;

 

– i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro;

 

– il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all’esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all’articolo 16, punto 2.

 

Prima della scadenza di un periodo di 7 anni a decorrere dalla data di cui alla lettera a), il Consiglio, sulla base di una proposta della Commissione corredata di una relazione di valutazione, riesamina le disposizioni del presente punto I) e decide del seguito da darvi.

 

II) Parimenti, per quanto concerne l’applicazione dell’articolo 7, gli Stati membri hanno la facoltà di ricorrere ad un periodo transitorio massimo di 3 anni a decorrere dalla data di cui alla lettera a), a condizione che durante tale periodo transitorio:

 

– ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di 3 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali, e

 

– il periodo di ferie annuali retribuite di 3 settimane non possa essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.

 

c) Gli Stati membri ne informano immediatamente la Commissione.

 

2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

3. Fatto salvo il diritto degli Stati membri di fissare, alla luce dell’evoluzione della situazione, disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e convenzionali diverse nel campo dell’orario di lavoro, a condizione che i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati, l’attuazione di quest’ultima non costituisce una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori.

 

4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

5. Ogni 5 anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali.

 

La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il Comitato consultivo per la sicurezza, l’igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro.

 

6. La Commissione presenta con periodicità quinquennale al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull’attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2, 3, 4 e 5.

 

 

Articolo 19

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

 

Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1993.

 

 

Per il Consiglio

 

il presidente

 

M. Smet

 

Note

Nota 1

Paragrafo così sostituito dall’articolo 1 della direttiva 2000/43/CE.

Nota 2

Punto aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 3

Punto aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 4

Punto aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 5

Comma annullato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 12 novembre 1996 (causa C-84/94) e soppresso dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 6

Articolo così sostituito dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 7

Il presente punto 2.1. è stato così sostituito dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 8

Il presente punto 2.4. è stato aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE.

Nota 9

Articolo aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 2000/34/CE

 

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